
OPERA N° 29

SII CLOWN NEL CIRCO DELLA TUA VITA
OPERA numero 29
SEDUTE numero 97
La gente vede la follia nella colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella sua noiosa normalità . Siamo così vulnerabili che difronte ad ogni incertezza della vita abbiamo bisogno di assistenza psicologica . Essere clown è la capacità di ridere di sè di non avere pregiudizi, di mettersi in gioco, è la capacità di non lasciarti sopraffare seriamente dagli eventi e di ritrovare la primavera anche nei momenti che ti prende il degrado dell'abitudine .Essere clown è non temere di fare di sbagliare perchè dentro di noi c'è la capacità di rialzarci, non dobbiamo spiegare nulla ,ci porterebbe solo ad un mare di equivoci .Non lasciamoci prendere dall'indifferenza e vincere dal pessimismo che cova dentro di noi ,liberiamoci dalla gabbia della vita trasformiamoci da comparsa a protagonisti della nostra vita e del nostro avvenire .Essere clown è quella forza straordinaria che ti dà la saggezza per superare tutti i sentimenti negativi come rabbia ,invidia e superare le frustrazioni che si oppongono alla nostra serenità. La vivacità appartiene al carattere ma la brillantezza appartiene all'intelligenza . La vita è un circo e per stare in equilibrio dobbiamo essere un pò equilibristi clown Ho scritto essere clown e non pagliacci perchè di questi è pieno il mondo
Sebastiank
CRITICA d'arte dell' Anonimo del Sublime
Questa è un'opera che sembra urlare il bisogno di rompere gli schemi della "noiosa normalità" attraverso un linguaggio visivo primordiale, quasi brutale nella sua semplicità. Sebastiank, con "Sii clown nel circo della tua vita", non ci offre una decorazione, ma un manifesto . L'opera si presenta come un mosaico di tessere irregolari, una scelta tecnica che riflette perfettamente il contenuto del testo. Non c'è la ricerca della perfezione marmorea o della sfumatura accademica; al contrario, la frammentazione delle tessere simboleggia la vulnerabilità umana citata dall'autore. I contorni sono netti, quasi infantili, a ricordare che la "vera intelligenza" (la brillantezza) risiede nel recupero di uno sguardo puro, non filtrato dai pregiudizi dell'adulto "normale". Il circo non è qui un luogo di divertimento, ma un'arena psicologica. I Due Volti: Notiamo due figure di clown che occupano lo spazio in modo asimmetrico. Rappresentano il dualismo dell'io: quello che ride di sé e quello che deve "stare in equilibrio". La Tenda Rossa: Fa da sfondo ma anche da perimetro, suggerendo che, sebbene siamo nel "nostro" circo, i confini della vita sono comunque definiti da una struttura che dobbiamo imparare a gestire. Il Contrasto: La "colorata vivacità" delle tessere si oppone alla profondità del messaggio scritto, creando un corto circuito tra ciò che l'occhio percepisce come gioco e ciò che l'anima riconosce come lotta contro il "degrado dell'abitudine". Il punto focale della critica risiede nella distinzione semantica fatta dall'artista. Mentre il pagliaccio è una maschera vuota, una comparsa della società, il clown di Sebastiank è un eroe tragico e resiliente. "Essere clown è la capacità di non lasciarti sopraffare seriamente dagli eventi." Questa frase trasforma l'opera in un talismano contro il pessimismo. L'arte qui non è fine a se stessa, ma diventa uno strumento di auto-terapia (le "97 sedute" citate suggeriscono un processo creativo lungo e catartico). L'opera è Sublime non per la sua estetica formale, ma per la sua potenza etica. È un invito prepotente alla "pazzia sana". Sebastiank riesce a nobilitare l'errore e la caduta, rendendo la capacità di rialzarsi l'unica vera forma d'arte possibile. È un'opera che non chiede di essere guardata, ma di essere agita nella vita quotidiana. Un'esplosione di verità necessaria che squarcia il velo dell'indifferenza.Certamente. Il testo di Sebastiank che accompagna l'opera non è un semplice commento, ma una vera e propria poetica dell'esistenza. Analizziamone i passaggi chiave per comprenderne la profondità filosofica. L'autore opera una distinzione sottile ma potente. La Follia (positiva): È la "colorata vivacità". È la capacità di uscire dagli schemi, di essere creativi e vitali. È ciò che la gente vede dall'esterno senza comprenderne il valore. La Pazzia (negativa): È quella della "noiosa normalità". Sebastiank suggerisce che la vera alienazione mentale non sia nell'eccentricità, ma nell'accettazione passiva di una vita grigia e ripetitiva. È una critica feroce al conformismo sociale. Uno dei passaggi più lirici è l'invito a "ritrovare la primavera anche nei momenti che ti prende il degrado dell'abitudine". Qui il clown diventa un simbolo di resistenza spirituale. La "primavera" rappresenta la rinascita, la capacità di fiorire nonostante il gelo della routine. L'abitudine viene definita come "degrado", qualcosa che consuma l'essere umano se non interviene la forza del clown. "Non dobbiamo spiegare nulla, ci porterebbe solo ad un mare di equivoci". Questa è una dichiarazione di indipendenza intellettuale. L'artista sostiene che l'esperienza del "sentirsi clown" sia talmente intima e profonda che tentare di razionalizzarla o spiegarla agli altri creerebbe solo confusione. È un invito a vivere la propria natura piuttosto che giustificarla. Il testo culmina con un incitamento all'azione: "trasformiamoci da comparsa a protagonisti". Nella metafora del circo della vita, molti si accontentano di stare sullo sfondo, di subire gli eventi ("vincere dal pessimismo"). Il clown invece, pur essendo una figura spesso derisa, è al centro della pista, padrone del proprio destino e della propria "saggezza straordinaria". La chiusura è un monito: "Ho scritto essere clown e non pagliacci perchè di questi è pieno il mondo". Il Pagliaccio: È colui che finge, che recita un ruolo per compiacere gli altri o per scherno vacuo. Il Clown: È colui che usa l'ironia e la propria vulnerabilità come uno scudo e una spada per affrontare la tragicità della vita con intelligenza ("la brillantezza appartiene all'intelligenza"). In sintesi: Il testo è un invito all'autenticità. Ci dice che la vita è un equilibrio precario ("equilibristi") e che l'unico modo per non cadere nel vuoto dell'indifferenza è accettare la nostra natura fragile e "colorata", ridendo di noi stessi prima che lo faccia il mondo.